Coaching: Superman, Clark Kent o …Batman?

Coaching: Superman, Clark Kent o …Batman?

Da piccolo con i miei amichetti tante volte si giocava ai supereroi, a salvare il mondo e essere così importanti per tutti, per il bene dell’umanità.

coaching Ora c’e la Playstation, ma a quei tempi no, e questi erano i giochi che un ragazzino in campagna si trovava a fare in giardino o nelle umide giornate invernali, chiusi in casa, nel salotto saltando da un divano all’altro.

Alla fine la discussione, così la fine del gioco, si impreniava sempre sui commenti animati di  chi fosse il supereroe  più forte tra Superman e Batman.

Molti dicevano il primo, lui si che era un vero super eroe, invincibile, con tutti i superpoteri, bello…l’uomo d’acciaio.

Io ho sempre sostenuto Batman. E i miei amici mi chiedevano, “perché?” ; all’epoca non avevo una risposta valida e mi attaccavo ai dettagli del costume, alle sensazioni che mi trasmetteva.

coachingE in questo c’era una parziale verita che ho scoperto solo con il coaching e  la crescita personale, negli anni.
Superman è inarrivabile, lui viene dallo spazio e non è umano. Per avvicinarsi agli uomini si presentava goffo, nei panni di Clark Kent, ma non era lui veramente. Come si faceva ad avvicinarsi a lui, veramente? Nei sogni, magari, allontanandosi dall’esperienza quotidiana del reale. Ma lui era già nato così, su un altro pianeta, non lo si poteva diventare.

Come si può ammirare e imparare da qualcuno che non è raggiungibile?

Qualcuno che si presenta così lontano che comunque richiama a sé soltanto un plauso di ammirazione, ma non la voglia di essere suoi pari?
Batman, per me, rappresentava un essere umano, normale, educato nell’arco della sua vita, giorno dopo giorno a diventare un eroe, ma di quelli veri, con le debolezze dell’uomo, con gli amici del cuore, con la vicinanza ai difetti di ogni persona. Quindi qualcuno che poteva essere raggiunto, emulato e un giorno superato.
Qui sta la differenza tra chi scegliamo di seguire, tra chi decidiamo di eleggere a nostro mentore o a nostro coach.

Nel coaching vogliamo qualcuno che ha i “superpoteri” non umano né raggiungibile?

Qualcuno che ha un ego tale da non mostrare le sue debolezze e da apparire perfetto?

È lecito, ma dice qualcosa di noi e soprattutto di quanto siamo disposti a crescere. Perché a quel modello, per quanto ci illudiamo, non arriveremo mai.
Oppure vogliamo qualcuno che si impegna, ma è fondamentalmente una persona normale. Qualcuno con qualche lato oscuro e forse talvolta anche attaccabile, ma che ci da la dimostrazione di andare oltre, di ricompattarsi ogni volta fino a prevalere sul “male” grazie all’allenamento delle sue qualità umane?
Batman è vincibile, Batman è umano, per questo quando io scelgo di farmi allenare, nelle sessioni di coaching, per raggiungere un livello più alto scelgo di farlo con qualcuno che posso aspirare a battere, non con Superman…a meno che non abbia più consapevolezza di me e dei miei limiti.

E tu, come scegli ii tuo coaching? E i  tuoi coach nella vita? Preferisci un Coach Superman da ammirare o un Coach Batman da poter raggiungere e superare?

Marco Valerio Ricci
***L’Allenatore della Felicità***
Licensed NLP Master Trainer & Coach

Coaching: Se segui le tue emozioni sei un pazzo!

Coaching: è interessante pensare che chi ha il coraggio di seguire le sue emozioni, i suoi pensieri, i suoi sentimenti e sensazioni (entrambe le parole derivano dalla radice sentire) sia considerato “pazzo”.

A ben riflettere è evidente come ci siano delle presupposizioni implicite. Chi è un pazzo?

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Colui che ha il coraggio di comportarsi, di comunicare, di esprimere se stesso in maniera diversa dagli altri.

A qualcuno nella nostra cultura viene insegnato ad ammirare i pazzi?

A seguirli, ad incentivarli nelle loro espressioni? Non so nella tua esperienza, nella mia si dal punto di vista famigliare, no da quello scolastico istituzionale.

Il presupposto è che essere pazzo non sia beeeello.

Che se una persona è pazza si debba riportare alla normalità. Ma perché? Semplice, come faccio a controllare un pazzo? Come posso manipolare qualcuno che segue ciò che sente (dentro di sé) invece di ascoltare quello che arriva dall’esterno?
Essere pazzi richiede coraggio, si.

Il coraggio di saper resistere alla riprova sociale che cerca subdolamente di far sentire inadeguata la persona che è se stessa, quindi diversa da chiunque altro.

Con l’aiuto del coaching puoi trovare il coraggio di cercare dentro di te i riferimenti rispetto al tuo valore, al giudizio di te; cosa che ci è stato insegnato a non fare dalla famiglia, dalla scuola, dalle istituzioni. Nelle sessioni di coaching è possibile attuare un cambiamento in tal senso.

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Ogni volta che ci viene detto “bravo/brava”, “che bravo bambino/a”, per poi passare al “bravo cittadino”, “brava mamma”, “bravo papà”, “brava moglie” e “bravo marito”.

Sembra quasi che l’aggettivo bravo sia diventato equivalente a “che si comporta come ci si aspetta”, ovviamente da qualcuno all’esterno di noi!

Eppure originariamente la parola bravo deriva da bravus (lo sai quanto ritengo importante l’etimologia delle parole – ogni parola al suo posto perché ogni parola ha il suo posto).

E bravus vuol dire coraggioso, abbiamo un retaggio di questo nel nome dei “bravi”, ricordi il manzoniano “I promessi sposi”? E che dire del significato rimasto nell’espressione “Hai fatto una bravata”? Non indichiamo proprio un atto fuori dagli schemi, coraggioso, fin anche avventato?

Ecco allora, ti incito a riprendere ad essere “Bravo”, ad essere Pazzo, per te stesso, per la tua vita e la tua felicità. Cosa succederebbe se diventassi Bravo una volta al giorno?

Marco Valerio Ricci ***L’Allenatore della Felicità***

Master Trainer in Programmazione Neuro Linguistica & Coaching

“Coaching: Mangia Bene, Pensa Meglio e Vivi Felice”. Seconda parte

Coaching: Mangia Bene, Pensa Meglio e Vivi Felice

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…..Un cibo può essere descritto attraverso colori, odori, peso, consistenza, sapidità, gusto, percentuale di nutrienti contenuti, quantità di acqua, e così via, fino, al limite, al tipo di vibrazione e di informazione che contiene.

Di suo non ha intenzioni, non ha volontà e neppure un’azione (ovvio, questa è la mia credenza), siamo noi mangiandolo che decidiamo cosa fare di tutto questo che, in fondo non è altro che una serie di informazioni. In un certo senso noi comunichiamo con il nostro corpo anche attraverso l’alimentazione. Mangiare bene? Cioè assumere cibi ricchi di informazioni utili per il nostro benessere, fantastico e raccomandatissimo!

Nel frattempo è importante imparare a conoscerti ancora meglio per comprendere quali sono questi cibi. E qui entra in gioco il Coaching della Salute basato sul modello D-K.a.l.t., per ascoltare di cosa ha bisogno il tuo organismo è importante che ti renda conto di tutti i “culti”, di tute le credenze di cui sei stato educato ad essere vittima nell’arco della tua esistenza. Successivamente che impari a liberartene e a conoscere cosa succede nel momento in cui scegli di fare altro, fino a trovare ciò che funziona meglio per te, ma perché lo percepisci tu, e te lo dice il tuo corpo, non perché qualcun altro lo abbia deciso per te.

A quel punto, per arrivare ad una trasformazione profonda,  l’obiettivo che dovrebbe avere ogni Coach con la “C” maiuscola, nelle sessioni di coaching,  è lavorare sulla necessità di passare attraverso l’accettazione di sé, compresi dei propri errori alimentari, delle proprie abitudini e del proprio passato.

Per questo insieme alla cura del proprio nutrimento fisico è estremamente necessario che tu curi il tuo nutrimento mentale. Cioè quello che pensi di ciò che mangi. Il tuo flusso di pensiero mentre mangi. Pensa a questa sana abitudine ormai spesso in disuso. Un tempo prima di iniziare a mangiare c’era il momento della preghiera di ringraziamento.

Hai mai pensato alla funzione che essa svolgeva e può riprendere a svolgere?

Al di là dei fattori religiosi, ognuno ha i suoi e ritengo vadano rispettati profondamente, appare evidente la funzione meditativa che la preghiera ha. In un certo senso è il modo per interrompere il flusso di pensieri che segue tutte le attività della giornata, dedicarsi al proprio nutrimento, spostando la mente da uno stato di iperattivazione, in cui le frequenza di lavoro sono spesso molto alte e rivolte all’esterno (up-time in gergo PNLlistico), ad uno stato più rilassato e meditativo, incentrato su ciò che è all’interno di noi, sulla nostra consapevolezza della finalità per cui stiamo facendo ciò che ci accingiamo a fare – un lavoro di presenza, nel qui e ora.

Credi che sia troppo dedicare trenta secondi di meditazione prima di mangiare? Magari avendo la televisione spenta e potendo gustare piena-mente tutte le informazioni contenute nel cibo che assumi? In realtà è un’esperienza che al giorno d’oggi dovremmo fare tutti in maggior misura – e mi ci metto in pieno, in quanto si può sempre crescere e migliorare ulteriormente!

Leggi la prima parte di questo articolo

Ecco il mio motto:  Mangia Bene, Pensa Meglio e Vivi Felice

Marco Valerio Ricci

Master Trainer in PNL programmazione neuro linguistica e Coach

“Coaching: Mangia Bene, Pensa Meglio e Vivi Felice”.Prima parte

Coaching: Mangia bene, pensa meglio e vivi felice

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Recentemente, durante una sessione di Coaching, una persona mi faceva notare come anche chi è particolarmente attento alla salute, all’alimentazione, all’esercizio fisico, alla meditazione e a tutte le varie attività che si possono fare per perseguire il proprio benessere, a volta manifesti stati di malattia. Come anche queste persone invecchino e ad un certo punto muoiano. La prima conclusione di questa persona era, “Allora tanto vale…”. E’ un pensiero alquanto nichilista e, personalmente, non lo condivido.

Allo stesso tempo nelle sessioni di coaching, ho avuto modo di confrontarmi molte volte con persone che, pur curando alcuni e a volte molti, aspetti della loro vita per la loro salute, avevano manifestato situazioni di malattia.

Il mio mestiere di Coach  parte da una domanda, semplice semplice, “Come fai a fare ciò che fai?”e anche nelle occasioni in cui una persona si presenta a me per ottenere un risultato, di qualsiasi tipo, comunque differente dall’attuale, questa è la prima domanda a cui cerco di ottenere risposta.

Specifico cerco, in quanto è un tipo di indagine così inconsueta che spesso le persone non hanno una risposta…e ottenerla per loro stessi è già un enorme passo verso il miglioramento della propria condizione, a volte è il passaggio fondamentale per raggiungere il risultato che stanno cercando.

Se sei esperto di Coaching avrai immediatamente riconosciuto che questa è la domanda fondamentale che sottende alla creazione di questo approccio così efficace. Allo stesso tempo se sei un Coach comprendi subito il potere di chiedere qualcosa di così semplice e potente. Basti pensare a tutti i presupposti impliciti in una domanda di questo genere (magari li analizzeremo insieme in un prossimo post 😉 ).

Cosa c’entra tutto questo con il titolo? C’entra eccome! Il cibo, la sua qualità indica la quantità di componenti che contiene in percentuale, e la loro capacità di trasmettersi all’organismo che li ingerisce e di trasmettere a loro volta informazioni.

Hai mai riflettuto sul fatto che il cibo ha un gusto? Che prima di arrivare ai centri di digestione e di assimilazione, noi iniziamo la digestione in bocca? Sulla lingua, è noto a tutti, noi abbiamo alcune cellule specializzate e sensibili al gusto che compongono le papille gustative. Tali cellule che funzione hanno? Si, ovvio, quella di farci sentire il gusto, ma perché? Che cos’è il gusto? Il gusto è parente dell’olfatto in molti versi, non ultimo perché è un senso che non richiede intervento da parte dell’ipotalamo per la sua interpretazione. Questo vuol dire che le informazioni che arrivano attraverso questi due sensi non vengono rielaborate, bensì arrivano direttamente al cervello per essere interpretate. Perché questo? Perché la nostra capacità di assimilare qualcosa è direttamente correlata all’informazione che essa stessa contiene e trasmette al centro di controllo delle attività fisiologiche del nostro organismo. Cosa comporta la consapevolezza di ciò? Bene, ti dico che ha conseguenze importantissime, per alcuni devastanti.

Molte persone dicono “Sei quel che mangi” e, se fosse vero, oggi ci sarebbe molto da preoccuparsi. Ti dirò una cosa, non è completamente vero. Quel che mangi ha sicuramente un’influenza sulla tua persona, ma questo dipende in realtà da come pensi di ciò che mangi, quando lo mangi e quando lo digerisci. Un cibo di per sé non può essere né buono né cattivo – mi viene in mente quando alcuni educatori (genitori compresi) fanno le tottò al tavolo contro cui il bambino piccolo ha battuto la testa ripetendo “Cattivo tavolo!” e trasmettendo al piccolo futuro adulto, incredulo, l’idea che non sia poi così importante fare attenzione alle proprie azioni e che gli oggetti abbiano un’intenzione propria da cui poi ne deriva la bontà o la cattiveria! Altrettanto vale per ciò che assumiamo nel nostro organismo.

Continua l’articolo qui “Coaching: Mangia Bene, Pensa Meglio e Vivi Felice”. Seconda  parte

Marco Valerio Ricci

Master Trainer in PNL programmazione neuro linguistica e Coach

Mangia bene, pensa meglio e vivi felice

Coaching: tenere le persone migliori

Coaching: tenere le persone migliori

Una delle maggiori sfide delle organizzazioni oggigiorno è la fidelizzazione delle persone

che hanno raggiunto un alto grado di capacità nel settore specifico in cui tale organizzazione opera, sia essi siano Manager o Sportivi le Aziende sempre di più si rivolgono ai professionisti del coaching.

Il coaching è un’attività professionale specialistica con l’obiettivo di aiutare le persone a  migliorare nella loro professione, sostenendole emotivamente nelle loro performance e aiutandole ad acquisire maggiori competenze.

Il professionista del Coaching è conosciuto come il Coach ad evocare l’allenatore ed in questo caso: l’allenatore della mente.

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Istintivamente si pensa all’ambito lavorativo aziendale, nel quale la questione riguarda prevalentemente quei lavoratori il cui lavoro richiede l’uso delle capacità della mente piuttosto di quelle muscolari.

Raramente si pensa invece che la questione sia estremamente importante anche per tutte quelle realtà che operano nell’ambito sportivo.

Spesso si delega soltanto agli allenatori, in particolare dei settori giovanili il compito di mantenere e fidelizzare le risorse che costituiscono il presente ed il futuro della società, ma non è sufficiente, l’impegno deve partire dall’intero gruppo dirigente che ha il compito di creare l’ambiente e formarsi per far si che l’esecutore finale, cioè l’allenatore e gli atleti, scelgano di rimanere.

Cosa fare per far sì che questo effettivamente avvenga? Ecco alcuni suggerimenti dati dal coaching di facile attuazione per ottenere il risultato desiderato:

1.    Aiutate gli atleti a crescere, come persone e nel loro campo specifico. Una delle migliori armi di fidelizzazione è instaurare un rapporto società/atleta fondato anche su un genuino spirito di riconoscenza reciproca di per quanto viene fatto o messo a disposizione.

2.    Riconoscete la loro importanza. Potete assegnare loro dei compiti o dei ruoli che vengano percepiti come “speciali” o di “rilievo” per soddisfare l’innato bisogno d’importanza presente n ogni essere umano.

3.    Create situazioni al di fuori della consueta routine. Ognuno di noi sa quanto il grado di motivazione sia inversamente proporzionale alla noia data dalla ripetitività.

4.    Mostrate un interesse genuino nelle persone. Che siano atleti piuttosto che persone che hanno un diverso rapporto con voi, il modo più efficace per continuare ad avere un buon rapporto è far sentire alla persona che gli siete sinceramente vicini.

Se poi il vostro interesse non è solo sportivo, ma anche lavorativo sono sicuro che avrete trovato queste poche indicazioni ancora più utili.

Vivete con passione!

Marco Valerio Ricci Master in PNL e Coach