Coaching: a distanza di anni…Mi meraviglio ancora

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coachingA distanza di molti anni dall’introduzione del modello del Coaching in Italia, parliamo dei primi veri Coach che hanno iniziato intorno al 1996.

Mi capita ancora spesso di imbattermi in persone, professionisti nel loro settore che mi dicono “Certo, un ruolo come il suo oggi va molto di moda, ma io credo che alle persone non servano altri che dicano loro cosa fare”.

“E per fortuna!” penso e rispondo io.

Certo è l’ultima delle cose che ci si aspetta che un Coach (e sottolineo la “C” maiuscola) faccia.

Eppure è un commento che se ci ragiono un attimo ha il suo perché.

Di fatto in Italia, e noto che spesso vale anche per altri paesi, seppur con alcuni distinguo, la situazione di caos e la mancanza di cultura riguardo la nostra professione ha portato a un proliferare di figure che vengono definite come coach senza peraltro averne le caratteristiche.

Un Coach, me lo avete sentito ripetere fino a…diventar ripetitivo, ha il compito di aiutare la persona che si rivolge a lui a trovare le sue risposte dentro di sé.

Con il presupposto che, se la persona formula una domanda, ha già tutte le risorse dentro di sé per trovare la soluzione ai suoi quesiti.

In alternativa non si sarebbe neppure posto il problema in prima istanza, in quanto non avrebbe avuto modo di accorgersi dell’esistenza. È sempre vero? Nella mia esperienza, non sempre sempre, anche se la maggior parte delle volte, si.

A volte altri strumenti, derivanti dalla psicologia classica, dal modello della Programmazione Neuro Linguistica o da altre discipline, possono aiutare l’individuo ad uscire da uno stato di impasse in tempi decisamente più rapidi di quanto il Coaching puro non possa fare.

Ora, perché ancora adesso esiste confusione?

Semplice, perché, anche alcune delle più marchettizzate scuole di coaching, non insegnano realmente a fare o ad essere coach, bensì a dare consigli e a motivare il cliente.

Di per sé non c’è nulla di male in questo, se non il fatto che non è Coaching e crea confusione nel mercato.

Quindi?

Quindi noi Coach dobbiamo lavorare per diffondere la cultura corretta di cosa effettivamente è la nostra professione, facendo attenzione a distinguerci positivamente rispetto alla pletora di improvvisati che si pongono sul mercato come “piccoli guru de’ noantri” come spesso vengono additate queste persone.

È importante riunirci in associazioni serie e professionali che ci permettano di affermare le corrette professionalità sul mercato.

E tu da che parte stai?

Marco Valerio Ricci
***L’Allenatore della Felicità***
Licensed NLP Master Trainer & Coach

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