Coaching: perché affidarsi ad un coach professionista.

Il coaching che svolgo nei miei studi a Roma e ad Aosta non ha nessun intento terapeutico,

è un percorso di allenamento al raggiungimento di obiettivi o risultati specifici che vengono stabiliti durante la prima sessione tra il coach e il cliente.

Ci deve essere un gap, una distanza, tra la situazione attuale e ciò che la persona che si rivolge al Coach vuole ottenere.

Nelle sedute di  life coach se l’obiettivo è risolvere una problematica il codice etico a cui noi aderiamo prevede l’invio ad uno psicoterapeuta (ne abbiamo tra i nostri coach) o la comunicazione, se la persona è autorizzata a effettuare terapie, che si sta uscendo dal campo del coaching e si stanno applicando strumenti differenti.
coaching e coach marco valerio ricci
Nel coaching viene determinato a priori il tempo che durerà il percorso, onde evitare qualsiasi tipo di dipendenza, di legame o di trascinamento inutile per anni del percorso come invece accade in altre forme di intervento.

E’ importante nel coaching la verifica  periodica della situazione, o della posizione raggiunta rispetto all’obiettivo che la persona si è posta.

Per un coach la persona è padrona del percorso, non lo subisce in nessun modo, prendendo reale autocoscienza delle sue capacità e potenzialità.

Una persona durante una sessione di coaching a Roma mi ha chiesto:

  “Cos’è che fa la differenza tra le persone che riescono ad essere felici nonostante tutte le avversità e quelle che se ne lasciano travolgere?”.

La risposta molto semplice è:

 

“Le Domande che si Fanno”.

 

Nell’ambito della comunicazione interpersonale esiste un motto:

“Chi domanda comanda”..

…che vuol dire che chi conduce la conversazione è colui che fa le domande, non chi parla.

La stessa cosa vale al nostro interno, le domande che ci facciamo quotidianamente condizionano le nostre risposte mentali che a loro volta influenzano i nostri comportamenti.

Quando abbiamo fame o freddo ci domandiamo: “Cosa c’è da mangiare?” o “Dov’è quella maglia?”.

In situazioni più complesse ci poniamo domande più importanti:
“Che carriera desidero?” o “Come posso guadagnare di più?”.

Rispondendo alle nostre domande, la mente si focalizza in maniera naturale sulle soluzioni a disposizione e da li proseguiamo nelle nostre decisioni. Da qui l’aiuto di un coach può fare la differenza.

Ogni giorno rispondiamo a migliaia di domande, è il naturale processo del pensare.

Ci chiediamo “Perché sono così sfortunato?” o “Come potrei riuscire convincerlo?” e mentre formuliamo queste domande creiamo delle presupposizioni riguardo al mondo che ci circonda, queste diventano la base delle nostre azioni.

La chiave quindi è prendere coscienza delle domande che ci facciamo.

Molte delle domande che le persone mi riportano durante il lavoro personale, nelle sessioni di coaching,  sono terribili per il coach, non hanno nessuna buona risposta.
Pensate a dove si sposta il vostro focus con domande tipo:

“Perché succede sempre a me?”,
“Come mai nessuno mi ama?”,
“Perché le cose non cambiano mai?”,
“È possibile che non abbia mai un momento di pace?”.

Il problema con queste domande è che il cervello le prende sul serio e cerca di dare una risposta…e trova buone argomentazioni per convincervi che non si può cambiare, o che “nessuno” vi ama, anche se potete cambiare e a un sacco di persone piacete per quel che siete!

Quindi, se vuoi felicità e benessere, il consiglio da coach è di crearti una serie di domande da farti tutte le mattine che spingano il tuo cervello a trovare risposte produttive e piacevoli.
La mia preferita, come coach,  è:

“Come voglio rendere meravigliosa e speciale questa giornata?”

Marco Valerio Ricci
Coach e Master Trainer di PNL

Coaching e Coach: come comunicare oltre le obiezioni

Coaching e Coach: parliamo di come comunicare oltre le obiezioni

Come sapete spesso tratto argomenti di coaching, racconti e storie di successo.

Recentemente ho ricevuto alcune richieste di coaching come coach di sedute sia a Roma che ad Aosta che chiedevano consigli su come gestire la comunicazione durante una trattativa, in particolare quando ci si trova davanti a persone che presentano delle obiezioni rispetto a quanto viene suggerito o proposto.

Poiché questo è un argomento di coaching che a prima vista interessa principalmente chi è nel campo del business, ma in realtà da coach so che  può essere riportato a tutte le relazioni interpersonali, ecco alcuni suggerimenti, la prossima settimana ve ne proporrò ulteriori.

Molto spesso nelle trattative di vendita il cliente nei discorsi chi ci ascolta avanza delle obiezioni che finiscono per causar l’insuccesso della comunicazione.

Questo accade quando il venditore o il proponente vive quella “resistenza” come una sfida, una minaccia al raggiungimento dei propri obiettivi e si lascia condizionare negativamente da questa percezione nel corso della comunicazione trattativa.

coachingParadossalmente, una comunicazione efficace si misura proprio dalla qualità delle obiezioni che scatena perché esse rappresentano una modalità privilegiata per suscitare attenzione e interesse nell’interlocutore.

Esse costituiscono un vero e proprio feedback sullo stato psichico di chi ci ascolta e il cliente, che ne proietta il vissuto, i valori, le convinzioni, lo stato d’animo: quale migliore chiave di lettura, allora, per costruire l’opportunità di “vedere il mondo con gli occhi dell’altro cliente” ed esporgli la trattativa nel modo più adeguato alle sue esigenze e alle sue modalità di comunicazione e comprensione.

Gestire le obiezioni, come suggerisco dal coaching,  quindi non significa trovare il modo per evitarle o raggirarle. Significa piuttosto accoglierle, analizzarle, sintetizzarle e ristrutturarle per fare leva su ciò che più attrae e coinvolge il proprio interlocutore.

Studi recenti di Programmazione Neuro Linguistica PNL sulla gestione delle obiezioni indicano come la loro analisi può essere condotta da 5 prospettive diverse:

  •     PERCHÉ: Qual è il senso dell’obiezione, qual è l’intenzione comunicativa dell’interlocutore?
  •     COSA: Quale aspetto viene obiettato?
  •     COME: Il cliente chiede input informativi? Ha un atteggiamento costruttivo o distruttivo?
  •     QUANDO: Interviene fin dall’inizio della trattativa o manifesta resistenze solo quando si toccano i punti nevralgici (prezzo, servizio)
  •     SCOPO: Promuove una costruzione congiunta di opinioni o tenta solo di imporre il suo punto di vista?

Se il venditore riesce a rispondere a queste domande il suo atteggiamento nei confronti del cliente risulterà decisamente più efficace.

Inoltre, una corretta gestione delle obiezioni si verifica quando vengono rispettati 6 accorgimenti:

  •     Favorire il senso di appartenenza, ossia ricondurre quello che si dice all’esperienza percettiva e mnemonica del cliente;
  •     Favorire l’apprendimento costruttivo ripetendo le proprie argomentazioni, prima di passare ad argomenti diversi. Per ripetizione non si vuole intendere la reiterazione costante e continua di un determinato tema ma il suo esame critico e dettagliato, così da evitare, nella dimostrazione di vendita, carenze informative e difficoltà di comprensione che potrebbero determinare l’insuccesso della trattativa;
  •     Mantenere un atteggiamento orientato al cliente, facendo associazioni frequenti con il suo vissuto e procedendo verso il significato che certe parole hanno per lui prima che per noi;
  •     Parlare sempre degli effetti a cui si va incontro facendo delle scelte anziché altre. Questo espediente aiuta a creare nel cliente immagini sensoriali, inducendolo a percepire meglio il valore del prodotto oggetto della trattativa.
  •     In tal modo, il venditore potrà affrontare la trattativa tenendo sempre ben presente la mappa percettiva del cliente, in modo da riuscire a mediare e ristrutturare anche le posizioni più rigide.
  •     Assumere una prospettiva che sappia “sfumare” i contorni permette di guardare alle resistenze dell’altro sposando la logica del “win win” detta in italiano “io vinco e tu pure”, altrimenti detta della reciprocità, in base alla quale “si vince” davvero solo se si vince insieme!

E tu che metodo usi per comunicare oltre le obiezioni?

Marco Valerio Ricci

Licensed NLP Master Trainer & Coach

Programmazione Neuro Linguistica: come superare lo stress servendosi delle ancore

La Programmazione Neuro Linguistica può aiutarci a superare i momenti di stress?

 

programmazione neuro linguistica marco valerio ricci

Uno dei momenti più difficili da gestire per la maggior parte delle persone è il periodo di tempo che precede un impegno importante e la risposta alla prima domanda è si:

la programmazione neuro linguistica può aiutarci in questi momenti.

Almeno una volta nella vita ognuno di noi ha provato questa sensazione di stress da test, magari prima di un esame, di un appuntamento di lavoro, di una serata in cui avremmo potuto incontrare quella certa persona che ci piaceva tanto (e magari ora è il nostro compagno/a e non vediamo l’ora di liberarcene…) oppure prima di una partita o gara.

Ci sono persone che hanno durare queste sensazioni di stress pochi istanti, altri si torturano per giorni, altri ancora arrivano ad avere reazioni fisiche estremamente “urgenti” immediatamente prima dell’impegno perché hanno cercato di soffocare le sensazioni troppo a lungo… la Programmazione Neuro Linguistica può dare un concreto aiuto a tutti loro.

La casistica è lunghissima e non voglio elencarla tutta, ciò che da coach mi interessa è “come possiamo gestire situazioni di stress di questo genere?”. Aiutandosi con alcune tecniche di Programmazione Neuro Linguistica, le fasi necessarie ad affrontare momenti di stress da test come questi sono:

  1. riconoscere ciò che stiamo vivendo;
  2. accettare la sensazione: vuol dire che per noi è importante e ci teniamo;
  3. dare uno stop immediato ai giri di testa e alle immagini/previsioni negative che abbiamo in mente e che generano la sensazione, in gergo si dice “smettere di farsi le pere”…;
  4. fermarsi e fare dieci profondi respiri immaginando di buttare fuori la tensione ad ogni espirazione;
  5. creare un film mentale di come vogliamo che vada, fate in modo che sia molto particolareggiato e vivido, immaginate la situazione ideale, come andrebbe se tutto fosse perfetto, le vostre azioni, le reazioni di chi vi sta intorno, i suoni, la luminosità, le vostre sensazioni fisiche, come sareste vestiti, la durata della situazione, il risultato finale;
  6. ripetere il punto cinque, almeno tre volte, facendo attenzione a scendere sempre più nei particolari.

La mente umana non è in grado di distinguere tra un’esperienza realmente vissuta ed una vividamente immaginata – avete presente quando vi svegliate di notte da un sogno e vi chiedete se è reale o appunto è solo un sogno? – creando questo tipo di fantasia non potrete influenzare gli eventi futuri, ma è molto facile che riuscirete a condizionare il vostro cervello ad andare nella direzione che voi desiderate piuttosto che in quella delle vostre paure.
Questa è davvero una delle tecniche di Programmazione Neuro Linguistica più potenti.

D’altronde il nostro organismo segue più facilmente i comportamenti che per lui sono abituali e in questo modo avete iniziato a creare una sorta di piccola abitudine. Inoltre siete già mentalmente preparati alla situazione che vivrete e difficilmente vi troverete spaesati.
La Programmazione Neuro Linguistica sfrutta tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, sia consci che inconsci al 100%.

Una delle tecniche sperimentate e ideate da R. Bandler e J. Grinder è l’ancoraggio.
Nella Programmazione Neuro Linguistica, l’ancoraggio è una tecnica ed un metodo in grado di attivare a comando una potente risorsa inconscia, che permette a qualsiasi persona di potersi mettere istantaneamente in uno stato d’animo potenziante.

L’ancoraggio nella Programmazione Neuro Linguistica è anche un metodo per usare le risorse degli altri al fine di ottenere le reazioni che noi vogliamo loro abbiano.
Attenzione però, le ancore nel rapporto con gli altri (per chi sa riconoscerle e usarle) possono diventare un grande alleato per raggiungere il proprio obiettivo , ma possono diventare un’arma a doppio taglio per chi invece non sa riconoscerle e non le sa utilizzare.
Possono causare grandi problemi e resistenze nel rapporto sentimentale, nel rapporto lavorativo, nel settore finanziario, nel settore della salute e nel rapporto famigliare.
L’ancoraggio nella programmazione Neuro Linguistica è un processo per cui il suono di una canzone, un odore di uno specifico profumo, la vista di una determinata cosa, il ricordo di una situazione si associa (si ancora)  a qualcos’altro.
Per esempio, non ti è mai capitato di ascoltare dopo molto tempo una precisa canzone e ricordare una determinata persona o di ricordare un periodo bello o brutto della tua giovinezza?
Non ti è mai capitato di sentire un determinato  profumo addosso ad una persona e di ricordarne piacevolmente o con fastidio un’altra? Nel momento in cui succede tutto questo, si dice che un ancora è stata attività. L’ancoraggio è una tecnica della Programmazione Neuro Linguistica che  può essere attivato volontariamente o involontariamente.

Sicuramente da giovane avrai trascorso delle vacanze  piacevoli, di divertimento, di spensieratezza che ti procuravano grande piacere. Il piacere era associato alla località, cosicché quando oggi pensi a quella località o qualcuno te la ricorda tendi a sperimentare nuovamente alcune sensazioni di piacere .

Si dice che all’accadere di questa situazione le ancore si sono riattivate.
La stragrande maggioranza delle persone non si rende conto che molte delle nostre reazioni negative o positive sono ancorate a questi “inneschi”. Un’ ancora può essere l’ascolto dell’inno Italia, un gesto, una parola, la vista di una persona,  qualsiasi cosa che ti faccia provare grandi sensazioni ed emozioni collegate o associate a quella particolare cosa.

Il mondo è pieno di ancore e per chi è esperto di Programmazione Neuro Linguistica è facile riconoscerle!

Hai un fastidiosissimo mal di testa e non riesci a farlo passare e qualcuno ti offre una pasticca di “Moment” e il mal di testa ti passa quasi immediatamente facendoti ritornare in uno stato di benessere, d’ora in poi ogni volta che ti verrà mal di testa penserai subito di ingerire una pasticca di “Moment”
Hai passato una straordinaria vacanza a Riccione con il tuo partner?

Bene, per tutta la vita ogni volta che qualcuno nominerà il nome di quella città, penserai a quella favolosa vacanza.
I pubblicitari che ti piaccia o no lavorano sulle ancore.

Ogni giorno siamo bombardati da messaggi pubblicitari. Dovunque andiamo siamo imbottiti da slogan sparati volontariamente in ripetizione dai pubblicitari, nella speranza di ancorare più persone possibili ai loro prodotti o servizi.

Le ancore, quindi, possono essere sfruttate anche per superare momenti di stress e sono uno degli elementi chiave della Programmazione Neuro linguistica da utilizzare a nostro favore, l’importante è farle proprio e sapere come fare.

Marco Valerio Ricci Master in PNL e Coach

Programmazione Neuro Linguistica: lo schema inverso dell’ Avere – Fare – Essere

Programmazione Neuro Linguistica: oggi è Avere Fare Essere ma è proprio così che dovrebbe andare?

Durante i corsi di Programmazione Neuro Linguistica per diventare Practitioner,  dove per  Practitioner in Programmazione Neuro Linguistica  si intende, qualcuno che ha imparato ad utilizzare: gli atteggiamenti, i principi e le tecniche della Programmazione Neuro Linguistica.

I suoi creatori Richard Bandler e John Grinder intendevano che fossero usate per se stesso e con le altre persone.Lancio la provocazione ai clienti, futuri esperti di Programmazione Neuro Linguistica, con la domanda:

“Indipendentemente dalla Programmazione Neuro Linguistica e cosa abbiamo appreso oggi, cosa ti servirebbe per essere veramente felice e cos’è per te il benessere?”.

programmazione neuro linguistica essere fare avere

Nella maggior parte dei casi la risposta è del tipo:

“Per me stare bene vorrebbe dire avere una bella casa, magari con il giardino in cui potermi rilassare il fine settimana, una bella macchina, una vita tranquilla con mio/a marito/moglie, tot soldi sul conto in banca, magari una seconda casa al mare o una baita in montagna e magari vorrei anche essere andato già in pensione, perché no? ..

 

…ecco se avessi tutto questo sarei felice e potrei dire di aver raggiunto il benessere.”

Vi è mai capitato di sentire qualcuno che conoscete dare una definizione simile?
A me capita molto spesso. Ma riflettiamoci un attimo, lasciamo da parte la Programmazione Neuro Linguistica per un attimo, cosa ci dicono le persone con una frase di questo genere?

Innanzitutto c’è da notare come sia estremamente raro che le persone descrivano una situazione in cui abbiano il coraggio di parlare di raggiungere una situazione “veramente felice”, di solito traduciamo questa definizione con “stare bene”…

..e non è proprio la stessa cosa, a maggior ragione perché spesso viene ulteriormente fraintesa con il “non stare male” (basti pensare a quando ci si incontra per la strada e ci chiedono il classico “Come stai?” e rispondiamo “Non c’è male”) …

…pensaci bene, è come giocare a calcio sempre nella propria metà campo, senza mai superare la linea di centrocampo, per non prendere goal, ma solo se arriviamo vicino all’area avversaria abbiamo l’opportunità di segnare!

Torniamo alla frase da cui siamo partiti, nonostante il contesto sia un corso per diventare Pratictioner di Programmazione Neuro Linguistica le risposte sono quelle di persone comuni infatti avete mai notato come nella nostra società le persone identifichino il loro benessere con il possedere dei beni, con l’avere qualcosa? (ricordati della novella di Verga “La roba” in cui il grande autore siciliano faceva proprio il verso a chi si danna e si illude di possedere realmente qualcosa!)..

..nella maggior parte dei casi si può delineare uno schema

AVERE – FARE – ESSERE, cioè

“se avessi questo, allora farei questa cosa e di conseguenza sarei…felice”.
In una società dominata dall’apparenza, e nella quale chi possiede qualcosa è una persona importante, è un modo di pensare che riscontro comunemente, ma è anche un modo per garantirsi l’infelicità.
Questa non ce lo insegna la Programmazione Neuro Linguistica ce lo insegna la vita!

Se noi aspettiamo di avere qualcosa per agire e solo dopo inizieremo ad “essere” in realtà stiamo giocando un gioco in cui partiamo già sconfitti.

Pensateci chi è che di solito ottiene qualcosa? Chi aspetta e spera o.. chi agisce per andarselo a creare?

E chi fa azioni concrete non è chi ha un maggiore spessore personale?
Aldous Huxley era solito ripetere

“il vero scopo della vita non è la conoscenza bensì l’azione”

Rimanere ad aspettare che qualcuno o qualcosa arrivi da noi e ci regali o porti ciò  che noi vogliamo non serve a nulla, dobbiamo agire se vogliamo raggiungere un qualsiasi risultato, e per farlo dobbiamo iniziare ad essere in un certo modo, ad essere delle persone che fanno per ottenere, che seguono lo schema inverso rispetto a prima cioè:

ESSERE – FARE – AVERE

“Prima di poter fare qualcosa devi diventare qualcosa”
Johann Wolfgang Goethe

Questo vale sia per la vita reale che per la Programmazione Neuro Linguistica.

Programmazione Neuro Linguistica come costruire una vita che ci piace

programmazione neuro linguisticaLa Programmazione Neuro Linguistica può permetterci davvero di vivere una vita che ci piace?

Ognuno di noi costruisce la propria vita quotidianamente, che ne sia cosciente o meno, un’azione alla volta, attimo dopo attimo, respiro dopo respiro

Questa è vita non è Programmazione Neuro Linguistica.

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